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Home » Podcast » Villaggio Crespi d’Adda: storia, come arrivarci e cosa vedere. Fattelo raccontare dal podcast di E-VAI!

Il Villaggio di Crespi d'Adda è certamente la più importante testimonianza in Italia del fenomeno dei villaggi operai: ha costituito una delle realizzazioni più complete ed originali nel mondo e si è conservato perfettamente integro – mantenendo pressoché intatto il suo aspetto urbanistico e architettonico. Crespi d'Adda è un autentico modello di città ideale; un interessantissimo, quasi perfetto, microcosmo autosufficiente dove la vita dei dipendenti, insieme a quelle delle loro famiglie e della comunità intera, ruotava – in un piano ideale di ordine e di armonia – attorno alla fabbrica; una città-giardino a misura d’uomo, al confine tra mondo rurale e mondo industriale.

Vuoi fartelo raccontare e farti due risate con le avventure della simpatica famiglia di Alfonso ed Emanuela? Ascolta la puntata nel podcast di E-VAI!

Villaggio Crespi d’Adda: come arrivare

Come arrivarci, con E-VAI, è facilissimo: basta noleggiare un’auto E-VAI in una delle oltre 150 postazioni in Lombardia, la ricarica elettrica sarà completa e inclusa nel prezzo.

Una volta saltati a bordo di E-VAI, dall’autostrada A4 Torino-Trieste prendere l’uscita di Capriate San Gervasio in provincia di Bergamo. Oltrepassato il casello autostradale, si incontra una rotatoria e si deve prendere la terza uscita. Subito dopo si arriva ad un’altra rotatoria a cui imboccare la prima uscita a destra con l’indicazione per Trezzo sull’Adda e Milano. Si giunge a un semaforo: svoltare a sinistra in via Crespi. Proseguendo si percorre una discesa con l’indicazione di inizio località Crespi d’Adda.

Villaggio Crespi d’Adda: storia dei fratelli Crespi

L’artefice di questo villaggio fu di due fratelli, geni imprenditoriali, Cristoforo e Benigno Crespi: la loro idea iniziale fu quella di trovare il luogo ideale per creare una fabbrica tessile in grado di produrre il miglior cotone del mondo intero.

La scintilla arrivò a metà ‘800, quando Cristoforo andò a Manchester, in cui vide le prime fabbriche-città, nelle quali gli operai vivevano e lavoravano nello stesso luogo: delle piccole cittadine adibite interamente al lavoro come parte integrante della vita.

Con le idee decisamente più chiare, Cristoforo tornò in Italia con l’intento di replicare il modello, offrendo però una vita dignitosa, tranquilla e serena per le persone che ogni giorno, per molti anni, scambiavano con denaro le 8 ore attorno ai quali ruotava la loro giornata.

Il primo passo fu quello della costruzione della fabbrica, facendo suoi gli 85 ettari dei comuni di Capriate San Gervasio e Canonica D’adda e delegando la costruzione architettonica a Ernesto Pirovano e Pietro Brunati.

La terra c’era, ma mancavano altri due elementi, che sarebbero stati in grado di chiudere il triangolo del fuoco e fare partire la combustione: un corso d’acqua e la manodopera.

Per il primo non ci furono grossi problemi: il terreno era gentilmente appoggiato sulla sponda sinistra dell’Adda, essenziale per la generazione di energia idromeccanica, prima, e idroelettrica poi, per far funzionare l’opificio. Allo stesso tempo, nelle immediate vicinanze, un altro importantissimo corso d’acqua, il naviglio Martesana, risultò essenziale come mezzo di spostamento delle merci che uscivano dalla fabbrica.

Se i corsi d’acqua erano a disposizione, non fu tanto semplice trovare gli operai adatti.

Cristoforo promise alle persone delle condizioni di vita più agiate, un salario adeguato e dei servizi decisamente più competitivi rispetto a tutte le altre realtà imprenditoriali della zona.

Creare un villaggio operaio dove le famiglie potevano vivere vicino ai loro cari che, ogni giorno, andavano alla fabbrica che distava poche decine di metri dalla propria abitazione.

Nacque così un modello completo, autocontenuto e quasi autosufficiente nel quale il lavoratore riesce a trovare qualsiasi cosa per condurre una vita normale senza essere obbligato a lasciare i confini creati ad hoc da Cristoforo Crespi: case, chiese, scuole, cimitero, ospedale, trattorie, botteghe… c’era tutto quello che una persona di inizio e metà ‘900 potesse mai chiedere.

L’idea nacque nella testa di Cristoforo nel 1876, crebbe fino al 1920, quando il villaggio assunse la sua forma definitiva, ma rimase operativo a pieno regime solamente fino al 1929. 50 anni in cui fu fatta la storia, ma che non riuscì ad ottenere tanta trazione per difendersi sia dalla forza della Lira, che non ha aiutato le esportazioni verso clienti esteri, e ovviamente dal famoso 1929, anno disastroso per l’economia di tutto il mondo.

L’operato continuò con grosse difficoltà, ma nel 1952 l’azienda venne sottoposta ad amministrazione controllata. Nei 20 anni successivi iniziò così un’alternanza di proprietari che non riescono tuttavia ad ottenere il successo che meritano: negli anni si susseguono la manifattura Rossari e Varzi, la famiglia Legler con la loro produzione di Denim e infine, nel 1989 l’azienda finì al Gruppo Polli.

Nel 1995 il villaggio venne ideologicamente staccato dal suo emisfero produttivo, diventò patrimonio dell’Unesco e nel 2003 lo stabilimento chiuse definitivamente i battenti, non potendo più dare lavoro a nessuno. Inutile per l’economia, ma invece utile per il turismo e come testimonianza storica, come esempio di ingegno italiano, ospitando ogni anno tantissimi visitatori.

Villaggio Crespi d’Adda: i “palasocc”

All’ingresso del villaggio si trovano 3 palazzotti, in dialetto “palasocc” che contrassegnano il punto di ingresso.
Questi casermoni, di diversi piani, squadrati e senza una minima anima, avevano un obiettivo di efficienza ed efficacia. Inizialmente il loro compito era quello di ospitare i lavoratori con molta esperienza, che avrebbero però dovuto insegnare il lavoro ai contadini che da poco accettarono la vita industriale.
Cristoforo si accorse che il sistema di fabbricare case grandi, a più piani, capaci di contenere da dieci a venti famiglie fu un errore.

Così pensò che delle case singole potessero donare maggior tranquillità e soprattutto riposo ai lavoratori, che il giorno successivo dovevano tornare in fabbrica.

Villaggio Crespi d’Adda: hotel, dopolavoro, chiesa

Oltrepassati i palazzotti, girando l’angolo, si vede sulla sinistra un hotel, che fu costruito per ospitare tutti i fornitori e i grossi clienti che si recavano al villaggio per visitare la fabbrica e stringere nuovi accordi commerciali.

A fare compagnia all’hotel, c’era il “dopolavoro”. Un edificio che aveva il compito di aiutare le persone nel cucire legami tra tutte le operose famiglie del villaggio cercando di stimolare una vita collettiva in armonia. La sede del dopolavoro era un vero e proprio ufficio turistico, che si occupava di organizzare attività per il tempo libero, tra cui momenti culturali, giornate sportive e molto altro.

Questo edificio di 3 piani rappresentò un vero e proprio luogo di ritrovo per passare il tempo: trasformò le singole famiglie degli operai in una vera e propria comunità di persone che potevano trovare una vita sociale piena e viva.

La chiesa fu costruita a immagine e somiglianza a partire dai ricordi e dalle origini della famiglia Crespi, originaria di Busto Arsizio, nella cui piazza principale svetta la bellissima chiesa di Santa Maria. La costruzione della chiesa del villaggio fu un’idea di Pia Travelli, consorte di Cristoforo Crespi.

Villaggio Crespi d’Adda: casa medico e parroco

Voltando le spalle alla chiesa svettano due costruzioni imponenti: le abitazioni del medico del parroco, una a fianco all’altra. Erano le due figure “super partes”, con il compito di assicurare la salute fisica della comunità intera e di mantenere un approccio spirituale di vita.
Dalla collina si dipanavano i giardini privati di queste due ville che permettevano al dottore e al medico di recarsi velocemente al centro del villaggio in caso di emergenze, un collegamento tanto fisico quanto ideologico.

Il cappellano ebbe una funzione fondamentale, cioè rappresentò la guida spirituale per gli operai di Crespi d’Adda, facendo da collante sociale in grado di mantenere un clima tranquillo e disteso.
Dall’altra parte della collina il medico in quel periodo non aveva affatto una vita facile, le condizioni igienico sanitarie medie erano decisamente basse in quel periodo.

Da un piccolo ponte senza fine, si scorge la vista su tutto il villaggio. Scendendo dalla collina, si comincia il viaggio che conduce intorno alle case che permisero agli operai di vivere lì per decenni a stretto contatto col luogo di lavoro.

Villaggio Crespi d’Adda: abitazioni comuni

Tutte le abitazioni “comuni”, ovvero quelle nelle quali vivevano gli operai, furono costruite sulla falsariga di villette bifamiliari, con una famiglia al pian terreno e l’altra al primo piano. L’assegnazione delle case avveniva quasi sempre al momento dell’assunzione e aveva una durata contestuale alla relazione lavorativa con la fabbrica.
Avere una casa tuttavia non rappresentava un lusso garantito né tantomeno gratuito: un canone mensile veniva detratto dallo stipendio di ogni lavoratore, che serviva anche a pagare la manutenzione esterna della casa e delle aree comuni.

Tutte le case appaiono all’esterno totalmente uguali, ma in realtà all’interno ogni abitazione era totalmente a sé, unica, per fare sentire le persone a proprio agio, in base alle proprie esigenze.

Villaggio Crespi d’Adda: case capireparto e dirigenti

Alla fine del complesso delle case comuni, si trovano le ville dei capireparto: ville decisamente più grandi, abbellite con elementi architettonici di pregio e costruite con l’obiettivo di fare abitare fino a 3 nuclei familiari.

In totale le abitazioni dei capi reparto sono 4, fanno da cornice ad un rilassante giardinetto alberato, un triumvirato dove potersi ritrovare tra le famiglie d’élite.

A circa 40 metri dalle villette di operai e capi reparto, vi sono 9 splendide ville dirigenziali.

Nei classici edifici aziendali si trovava l’ufficio gigantesco del dirigente, con acquari chilometrici e campi da golf.

Queste ville singole unifamiliari erano talmente grandi da poter ospitare, in alcuni casi, maggiordomi e personale di servizio.

Terrazze con giardini pensili, verande e meravigliosi giardini alberati, piante rampicanti e stupende panchine dove poter passare le domeniche pomeriggio a divertirsi e rilassarsi.

Villaggio Crespi d’Adda: fabbrica

Il cuore pulsante attorno al quale poi vennero edificate tutte le arterie è la fabbrica di Crespi d’Adda, nata dalla mente geniale di Cristoforo e Benigno Crespi nel 1876, e rimasta in funzione, più o meno, fino al 2003. Arrivò a dare lavoro fino a 4.000 dipendenti totali sostentando circa 10.000 persone.

Ernesto Pirovano e Gaetano Moretti, architetti di ampie vedute, furono incaricati di realizzare quest’opera d’arte che avrebbe dovuto dare linfa alla prospettiva imprenditoriale della famiglia Crespi.
Al centro svetta una grande ciminiera. Alla base della ciminiera, fu posto un orologio, per molti il vero simbolo della rivoluzione industriale: un artifizio in grado di connotare e scandire il tempo per le persone.

L’orologio è ormai fermo da anni, e segna un orario ben preciso, ovvero le 16:50, orario in cui, per l’ultima volta, si chiusero i cancelli della fabbrica.

La fabbrica, posta a sud, copre gran parte dell’intero villaggio, e si sviluppa su un singolo piano, per facilitare lo spostamento delle merci e delle persone all’interno.

Villaggio Crespi d’Adda: centrale idroelettrica

All’inizio la fabbrica era totalmente gestita dalla centrale idromeccanica. Ma se all’inizio essa poteva bastare, dopo poco tempo, vista la crescita del villaggio e le numerose annessioni all’impianto produttivo originario, ad essa nel 1909, venne accostata una nuova centrale idroelettrica in grado di soddisfare il nuovo fabbisogno energetico. Il suo stile Liberty, il parquet presente ancora oggi in forma originale insieme alla testa delle turbine e al pannello di controllo, la rendono un gioiello che il tempo non è stato in grado di prendersi.

Dopo essere caduta in disuso nel 2009, quindi 6 anni dopo la chiusura del 2003, è solamente merito della società Adda Energi se è sopravvissuta con il suo grande splendore.

Villaggio Crespi d’Adda: villa Crespi

Sullo stesso argine della centrale idroelettrica, risalendo il fiume, si incontra un posto fatato, magico, intriso di storia e austerità.

Si tratta di un vero e proprio castello, con una bellissima torre e diverse torrette, guglie, merlature, loggette e passeggiate sulle mura, tutto in pieno stile neomedievale, con mattoni rossi a vista.

Numerosi stemmi e fregi sono lì per dare l’idea di ricchezza e potenza, l’interno è composto da 44 stanze e tre balconate che si affacciano nell’atrio. Stanze che, oltre alla famiglia, davano alloggio anche a cuochi, domestici, cameriere, cocchieri, balie e un portinaio.

Appena si entra ci si trova in un gigantesco atrio di 100 metri quadri che fa scorgere tutti i 3 piani della villa. Il salone blu, il salottino bianco, lo studio padronale, il salone verde dotato di un grande camino, la sala rossa con una incantevole porta a vetri che affaccia sul giardino, una sala da pranzo e una sala dedicata al gioco del biliardo, classico passatempo dell’epoca.

Nel secondo piano erano presenti tutte le stanze e le camere padronali, collegate al piano terra con una scala tanto indimenticabile quanto spaventosa, fatta interamente di marmo italiano. Il terzo piano culmina con una stanza vetrata che si trovava in cima alla torre principale.

Villaggio Crespi d’Adda: cimitero

La fine del percorso del villaggio corrisponde con il cimitero interno, creato affinché fosse a disposizione dei lavoratori, delle loro famiglie e, ovviamente, della famiglia Crespi.

Per arrivarci, basta seguire il viale alberato che culmina con un prato a forma rettangolare in cui svetta una piramide, che consiste nel monumento funebre creato per la famiglia Crespi, che sovrasta e veglia su tutte le persone che hanno dato la loro vita per la fabbrica.

Ai piedi del monumento i cippi sono disposti a linee ordinate e tutti sullo stesso livello, a ricordare l’uguaglianza tanto in vita quanto in morte. Ma questa soluzione era destinata solamente alle persone decedute che venivano seppellite e i cui costi venivano sostenuti dalla famiglia Crespi, per tutti gli altri invece, c’erano degli spazi adibiti lungo il perimetro.

E sono proprio queste incisioni che fanno ripartire il viaggio di crespi d’adda e che la rendono una spirale ascensionale, perchè quello che per molti è la fine del percorso, ora si rinvigorisce riportando alla memoria tutte le vite delle persone che hanno camminato sulle strade del villaggio e che hanno ancora molto da ricordare e da tenere in memoria per e con la comunità. Tutte le incisioni del cimitero aiutano a ripercorrere mentalmente la storia del villaggio, dando nuova vita e nuova linfa a questa opera architettonica e sociale che ha caratterizzato la storia imprenditoriale italiana.

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